Il Ministro degli Interni fa pressioni sulle Commissioni territoriali, chiede maggiore celerità e un calo dei permessi di soggiorno per motivi umanitari
Matteo Salvini prosegue la sua politica di stretta in materia di protezione internazionale. E non si ferma ai respingimenti delle navi delle ONG che salvano i e le migranti nel Mediterraneo. Stavolta passa per una direttiva ministeriale datata 4 luglio. Il documento è stato diramato a tutte le Prefetture, questure, alla Commissione nazionale per il diritto d’asilo e ai presidenti delle Commissioni territoriali.
Cambia il Ministro, l’accelerazione è la stessa
Il Ministro pone all’attenzione delle Commissioni territoriali la necessità di accelerare le procedure di valutazione delle richieste di protezione. La ragione principale, “la durata della permanenza nei Centri di accoglienza”. E prosegue la nota: “i lunghi tempi di attesa, infatti, oltre a essere lesivi dei diritti di chi fugge da guerre e persecuzioni (…), comportano rilevanti oneri a carico dell’Erario”. E’ arrivato, dunque, il primo attacco da Ministro contro le spese per l’accoglienza. E viene fatto enfatizzando la necessità di accelerare le valutazioni delle richieste di protezione internazionale. Senza considerare la possibilità dell’affaticamento della macchina valutativa che l’accelerazione può comportare. E i conseguenti esiti arbitrari. E in totale continuità con il decreto Minniti-Orlando.
Le tre forme di protezione per i e le richiedenti asilo
La questione che occupa più spazio nella circolare è però un’altra. La protezione umanitaria, messa sotto attacco in quanto la forma di protezione che ha più esiti favorevoli.
Facciamo un passo indietro. Le forme di protezione previste in Italia sono tre: la protezione internazionale, quella sussidiaria e quella umanitaria. La prima è quella che viene garantita a chi comunemente chiamiamo rifugiato o rifugiata. La terza, quella umanitaria, nel territorio europeo è prerogativa del nostro ordinamento.
La protezione internazionale viene rilasciata quando sono riconosciuti manifesti motivi di persecuzione. Le ragioni possono essere di razza, religione, cittadinanza, appartenenza a un particolare gruppo sociale o opinioni politiche. La durata è di 5 anni ed è rinnovabile a ogni scadenza.
La protezione sussidiaria vale per chi “non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato, ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che se tornasse nel Paese di origine, o nel Paese nel quale aveva la propria dimora abituale correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno, e il quale non può o non vuole, a causa di tale rischio, avvalersi della
protezione di detto paese”. Ha la durata di tre anni e può essere rinnovata a ogni scadenza.
La protezione umanitaria viene invece rilasciata alle persone a cui vengono riconosciuti “gravi motivi di carattere umanitario”. Ha la durata di un anno e, nel caso il o la richiedente abbia un passaporto, può essere convertita in un permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Le persone a cui viene riconosciuta la protezione umanitaria, ed è la circolare stessa che lo afferma, vivono una “gamma di situazioni collegate (…) allo stato di salute, alla maternità, alla minore età, al tragico vissuto personale, alle traversie affrontate nel viaggio verso l’Italia, alla permanenza prolungata in Libia”. Gravi motivi di carattere umanitario, è bene ricordarlo.
Sotto accusa la protezione umanitaria
E, si vede in fondo all’elenco: “per arrivare anche a essere uno strumento premiale per l’integrazione”. Tra questi casi, infatti, vengono incluse anche le persone che si sono ben integrate nel nostro tessuto sociale, hanno delle relazioni, un lavoro. Non un premio, come afferma Salvini. Negare la protezione (che implica il ritorno al paese di origine) rappresenterebbe una grave lesione della persona. Una domanda viene spontanea: qual è il problema di Salvini? Perché lui afferma che, grazie a questo tipo di protezione, “permangono sul territorio (persone) con difficoltà di inserimento e con consequenziali problematiche sociali che, nel quotidiano, involgono anche motivi di sicurezza”. Ma qualche riga più sopra il problema sembrava essere che alcune persone già ben integrate si vedano “premiate” dal permesso di soggiorno per motivi umanitari. Quindi, chi è il problema per Salvini? Le persone emarginate che possono incorrere in reati o le persone integrate?
Quale che sia la lettura, anche se confusa, il Ministro sollecita le Commissioni territoriali ad lavorare con “assoluto rigore e scrupolosità” alle richieste di protezione umanitaria. Allo scopo di diminuirne il numero. Ci sarà da monitorare la situazione. Come riusciranno, sottoposti a queste pressioni, a svolgere serenamente ed efficientemente il proprio lavoro i membri e i presidenti delle Commissioni?
Andrea Maestri: Salvini fascistizza il sistema di asilo
Dura e immediata la reazione di Andrea Maestri, co-segretario di Possibile e avvocato esperto in immigrazione. In un lancio Ansa leggiamo: “Chi pensava che il regime di apartheid riservato ai richiedenti asilo avesse raggiunto il culmine con il decreto Minniti-Orlando, che ha eliminato il grado di appello proprio e solo per questa categoria di persone, dovrà ricredersi. La buona scuola, si fa per dire, minnitiana ha fatto proseliti, tanto che l’allievo oggi supera il maestro. Sì, perché la circolare emanata dal nuovo ministro dell’Interno (…) è il nuovo, inedito capitolo della fascistizzazione del sistema di tutela dei diritti umani nel nostro paese, già messo a dura prova dalla chiusura dei porti e dalla ostracizzazione delle Ong“.
Prosegue Maestri: “Aumentano i morti in mare, bambini compresi e Salvini chiede a Prefetti e Commissioni la sostanziale disapplicazione di una norma di legge, che impone di dare protezione in presenza di seri motivi di carattere umanitario o derivanti da obblighi costituzionali e internazionali. Il ministro chiede rigore e velocità: una stretta (per ora solo amministrativa ma che minaccia di trascendere in novella legislativa) sulla protezione umanitaria che rischia di creare ulteriori situazioni di vulnerabilità, insicurezza e irregolarità. Ci opponiamo politicamente a questa deriva larvatamente autoritaria ma continueremo anche a farne una capillare battaglia culturale, perché, nel disinteresse generale, sta vistosamente regredendo il livello di civiltà del nostro Paese”.