Salvini chiude i porti italiani. Ma a che gioco sta giocando?
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Salvini chiude i porti italiani. Ma a che gioco sta giocando?

Il punto sulle violazioni del diritto nazionale e internazionale, in spregio della vita dei e delle migranti 

Cosa è successo

Sono del 9 giugno le operazioni di salvataggio coordinate dall’MRCC di Roma, che hanno interessato la nave Aquarius, della Ong SOS Mediterranée. La nave ha una capienza di 500 persone, a bordo ci sono 629 migranti, tra cui donne incinte e bambini. Il giorno dopo, il neo Ministro dell’Interno Matteo Salvini dichiara la chiusura dei porti italiani, mentre la nave Aquarius attendeva notizie sul porto sicuro verso cui dirigersi.

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Diverse testate  hanno riportato la notizia.  Salvini ha comunicato al governo maltese la chiusura dei porti italiani e la necessità di un suo intervento. Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e il Ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, intervengono solo in tarda serata. Conte annuncia un intervento italiano volto a “garantire la salute di tutti gli occupanti dell’Aquarius che dovessero averne necessità”. Un intervento in mare, che non prevede lo sbarco. Toninelli, ministro cui compete la chiusura dei porti, in un comunicato congiunto con il Ministro degli Interni, ribadisce la versione di Salvini. Malta è il paese più vicino e quindi più sicuro per l’approdo della nave, deve assumersi la responsabilità dell’accoglienza.

L’11 giugno, nel clima politico incandescente, il neo Presidente del Governo spagnolo, Pedro Sanchez, ha offerto la possibilità dell’approdo a Valencia. Le condizioni a bordo non erano drammatiche ma la distanza dal porto di Valencia – 1400 chilometri – ha reso difficile la situazione. La nave tutt’ora in viaggio, sovraccarica e con generi alimentari insufficienti ai giorni di navigazione (non ancora stimabili con precisione). Il 13 giugno Fulvio Vassallo Paleologo, avvocato esperto di immigrazione, controcorrente rispetto ai media generalisti, denuncia su Facebook le difficoltà della navigazione. La nave Aquarius potrebbe impiegare 6 giorni ad arrivare a Valencia.

Vassallo Paleologo facebook 13.06.2018

 

Di poche ore fa (14 giugno) è la notizia che la nave si sta riparando vicino alla Sardegna a causa del maltempo. Le cattive condizioni del tempo potrebbero allungare di un altro giorno il viaggio verso la Spagna.

Le violazioni del diritto nazionale e internazionale

Sono state rilevate diverse violazioni secondo il diritto nazionale e internazionale. Vassallo Paleologo rileva l’articolo 33 della Convenzione di Ginevra, ratificata dall’Italia 1954, e l’articolo 1113 del codice della navigazione. Il primo articolo sancisce il principio di non respingimento, il secondo che “il governo italiano deve prestare immediata assistenza alle persone soccorse nell’ambito delle operazioni coordinate dal Comando centrale della Guardia costiera italiana”.

Si aggiungono a livello nazionale gli articoli 10, 11 e 117 della Costituzione italiana. I tre articoli stabiliscono la protezione dei rifugiati, il ripudio della guerra come soluzione di conflitti e l’assunzione nell’ordinamento giuridico italiano dei “rilevanti profili di diritto dell’Unione europea e di diritto internazionale”. E ancora, l’articolo 19 del Testo unico sull’Immigrazione, che “vieta il respingimento di donne in stato di gravidanza e di minori”.

Come ricorda Carlo Bonini su La Repubblica cartacea del 12 giugno, si aggiunge anche la “Convenzione internazionale sulla ricerca e il salvataggio marittimo” ratificata dall’Italia nel 1989. Secondo la Convenzione il Centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo della Guardia Costiera di Roma, ricevuta la segnalazione di un’emergenza al di fuori della propria area di responsabilità, assume il coordinamento del soccorso” e, dunque, se ne assume la responsabilità.

Le reazioni dell’Europa

Le reazioni non sono tardate ad arrivare da più parti. A livello internazionale, sia Spagna che Francia hanno espresso il proprio disappunto. La Ministra della Giustizia spagnola Dolores Delgado, in un’intervista a Catena Ser afferma che “La situazione di queste 629 persone è critica e abbiamo ricordato a tutti gli Stati che hanno firmato trattati internazionali che non è una questione di bontà o generosità, ma di diritto umanitario”. Ancora più dura la reazione francese. Il portavoce di En Marche!, il partito del Presidente Macron, ha affermato che “la linea del governo italiano è vomitevole”. Dichiarazione parzialmente stemperata da Macron, che giudica l’azione italiana “irresponsabile” e “cinica”. L’indomani il Presidente del Senato francese Gérard Larcher ha dichiarato che l’Italia non può ricevere lezioni, in quanto è stata abbandonata nella gestione dell’accoglienza.

La reazione italiana

Un forte segnale giunge dall’Italia, dove si stanno levando diverse voci contrarie alla chiusura dei porti. Del 12 giugno è la lettera aperta del Gruppo di interesse sul diritto del mare, che comprende diversi accademici italiani. La lettera fa riferimento alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982. Essa “fa propria un’antica consuetudine internazionale e sancisce “il dovere di tutelare la vita in mare imposto dal diritto internazionale, a tutti gli Stati (costieri e di bandiera)”. In merito alla chiusura dei porti, gli accademici affermano che, in linea di principio, essa è di competenza dei singoli stati e quindi applicabile. Resta, tuttavia, il fatto che “il rifiuto di accogliere in un porto una nave potrebbe configurare una violazione del diritto di salvaguardare la vita umana in mare qualora la nave in oggetto si trovi in difficoltà, se non addirittura una forma di respingimento di massa, anch’esso vietato dal diritto internazionale”.

Alcuni elementi giuridici rilevati sono in via di presentazione alla Procura della Repubblica di Roma. È del 10 giugno la notizia che Possibile, insieme a giuristi e giuriste impegnati nei diritti umani, sta lavorando a un esposto in merito all’illegittimità della chiusura dei porti in quanto “viola il diritto umanitario e il diritto internazionale del mare”. La preoccupazione è posta anche sul fatto che, attraverso queste strategie, le operazioni di salvataggio diventeranno sempre più precarie, disagevoli e potenzialmente pericolose sia per le persone tratte in salvo sia per il personale delle Ong.

La Stampa del 12 giugno riporta invece la notizia di un esposto già presentato alla Procura di Roma da Gianfranco Mascia dei Verdi. Mascia chiede di verificare se “il rifiuto di autorizzazione all’attracco sia una violazione della Convenzione internazionale siglata ad Amburgo nel 1979”, quella ratificata dall’Italia dieci anni più tardi. Nell’esposto viene richiesta anche una verifica del comportamento di Matteo Salvini. L’ipotesi presentata al vaglio è che sia venuto meno all’imparzialità del proprio ruolo. Come recita La Stampa, “l’esposto riguarda anche la conferenza stampa tenuta da Salvini l’altro giorno con il logo della Lega dietro le spalle. Secondo Mascia questo comportamento, essendo Salvini un ministro della Repubblica, sarebbe in contrasto con le norme dell’articolo 290 del codice penale «Vilipendio della Repubblica, delle Istituzioni costituzionali e delle Forze Armate»”.

L’isolamento dell’Italia in Europa

Come da più parti rilevato, Salvini ha agito senza alcuna concertazione con gli altri organismi competenti. Come detto, solo successivamente alle sue esternazioni sono arrivate le dichiarazioni del Presidente del Consiglio e del Ministro dei Trasporti. La conseguenza più evidente in termini di politica internazionale prodotta dalle ultime vicende è l’isolamento dell’Italia nel panorama europeo. Isolamento smentito da Salvini il 13 giugno. Chiamato a riferire in Senato, ha affermato: “penso che non siamo mai stati così centrali come in queste ore”.

Prima di tutto, il contrasto internazionale con Malta, tuttora in corso. Le ambiguità dimostrate dal governo de La Valletta sono state rilevate sia da Vassallo Paleologo che dal Gruppo di interesse sul diritto del mare. Tuttavia, c’è da notare che Malta non si è chiamata fuori dalla spartizione delle responsabilità. Di questa opinione è Elly Schlein, europarlamentare di Possibile. In un’intervista pubblicata dall’Ansa, Schlein dichiara che Malta “è un paese come il nostro, di confine, e che ha preso gran parte della responsabilità sull’accoglienza. Certo, in termini relativi. Malta non è uno stato particolarmente grande, è come una provincia italiana. Sulla base dei dati 2016 si vede facilmente che Malta sta accogliendo più rifugiati ogni 1000 abitanti rispetto al nostro paese. Quindi è verissimo che tutti gli stati europei debbono fare la propria parte però non è facendo il forte con i più deboli e invece facendo il debole con i più forti che Salvini otterrà qualcosa”. Schlein  fa riferimento al gruppo Visegrad, composto da Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia, con cui Salvini condivide la linea sovranista e di intransigente chiusura sull’immigrazione.

Ma Salvini, a che gioco sta giocando?

Non è chiara la strategia di Salvini in merito alla gestione dei flussi migratori a livello europeo. La rottura con Malta e i recenti strappi con Spagna e Francia, arrivano solo qualche giorno dopo un’altra sua presa di posizione perlomeno ambigua. Il 5 giugno Salvini ha dichiarato di non voler entrare nel merito della riforma del Regolamento di Dublino, in linea con la posizione dei paesi Visegrad. Ad oggi, il Regolamento di Dublino impone ai migranti di fare richiesta di asilo nel paese di arrivo. Il Parlamento europeo sta cercando di oltrepassare questa misura, rendendo effettivi i ricollocamenti obbligatori in altri paesi delle persone approdate nei paesi mediterranei. Tale riforma va verso una equa spartizione delle responsabilità tra i paesi europei e implicherebbe un alleggerimento della gestione italiana dell’accoglienza. Ad essa, dunque, l’Italia dovrebbe essere fortemente interessata.

È ancora Elly Schlein a denunciare il comportamento di Matteo Salvini. L’assenza dalle trattative sbandierata da Salvini, così come quella di Lorenzo Fontana (oggi Ministro della famiglia e della disabilità) dalla commissione europarlamentare preposta, si rivela ostinatamente contraria agli interessi italiani. Salvini tenta di sabotare quella che, ad oggi, è la migliore strategia per condividere le responsabilità e i costi dell’immigrazione a livello europeo. Al contrario, si allinea con quei paesi che non hanno intenzione di fare la propria parte nell’accoglienza ed erigono muri. Peccato che, per la posizione geografica dell’Italia, quei muri lasciano fuori anche noi. La strategia del Ministro dell’Interno dunque non appare chiara. A meno che non si legga in chiave populistica, volta ad alimentare paura e odio razziale in un clima di perenne campagna elettorale.

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