La situazione del sistema di accoglienza dei e delle migranti in Italia può essere definita di “strutturale emergenza”: sin dalla fine degli anni Ottanta, il paese ha affrontato le varie ondate migratorie che si sono susseguite in modo emergenziale e frammentato, senza mai iniziare una pianificazione sul lungo periodo.
Negli ultimi anni questo sistema ha dato risultati ancora più preoccupanti: già incapace di rispondere alle necessità, è collassato con l’aumento degli arrivi dal 2014 a oggi. A ciò si aggiunge che, invece di avviare un ripensamento strutturale del governo dei flussi e dell’accoglienza, si sono sommati provvedimenti d’emergenza, uno dopo l’altro.
Le strutture di accoglienza sono state pensate in questa ottica di “governo della crisi”: Cpsa, Hub, Hotspot, Cda e Cara, CIE, sono alcuni tipi di strutture che nel tempo si sono susseguite per la gestione della “prima accoglienza” – dagli arrivi, le identificazioni e le procedure di richiesta di asilo fino alle espulsioni. Luoghi in cui, come più volte è stato segnalato da parlamentari, associazioni, giornaliste e professionisti, spesso non vengono garantiti i diritti umani e politici.
Da alcuni anni, una soluzione “strutturale” è stata trovata nello Sprar. Il Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati si occupa della fase di “seconda accoglienza” e si articola in una rete di amministrazioni e enti gestori i quali lavorano in sinergia con i territori, in modo capillare e diffuso, all’integrazione di rifugiate e rifugiati.
L’irrisorio numero di posti nei centri Sprar e la lunghezza delle procedure all’interno dei centri di prima accoglienza ha fatto sì che si creasse un ulteriore tipo di struttura di accoglienza, il Cas. Il Centro di Accoglienza Straordinaria sorge per ovviare alle carenze suddette lavorando contemporaneamente ai due livelli di accoglienza: qui enti privati (principalmente cooperative sociali ma anche aziende) si occupano di seguire le procedure per la richiesta di protezione internazionale e contemporaneamente lavorano all’integrazione delle persone che prendono in carico.
Sono proprio i Cas che da anni balzano alle cronache per i casi di mala gestione: la loro costituzione ibrida che mescola prima e seconda accoglienza, di privati che si occupano di materia pubblica, è nata per dare un’ulteriore risposta emergenziale e ha dato luogo a speculazioni che con il rispetto dei diritti umani hanno poco a che fare.
Nel mio primo post abbiamo parlato di “Belle Speranze”, nome di fantasia dato a una cooperativa su cui stiamo indagando. Insieme ai casi che abbiamo incontrato e incontreremo, e che riteniamo necessario denunciare, nelle prossime settimane continueremo a chiederci come funziona il sistema di accoglienza in Italia e a indagarne i meccanismi occultati e reali.